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I remoti villaggi dell’isola di Karpathos: Olympos

I remoti villaggi dell’isola di Karpathos: Olympos

Un diamante roccioso e lussureggiante incastonato dell’azzurro dell’oceano. Qualcosa di diverso da ogni altra isola greca dispersa nell’ Egeo in cui siamo stati.

Scogliere ripide che si tuffano nel mare ora con un verde e rigoglioso bosco, ora con la dura roccia rossa, ora con una pacifica lingua di sabbia. I villaggi costieri si aggrappano saldamente alle pendici rocciose a Est, e digradano più dolcemente verso porticcioli tranquilli a Ovest, mentre i villaggi dell’entroterra, in simbiosi con gli speroni rocciosi su cui sorgono, resistono ai venti osservando l’isola dall’alto.

Non é visitando il centro principale dell’ isola, Pigadia, che vi farete una idea dell’anima di questa perla dell’ Egeo. Non c’è altro modo che salire in macchina e percorrere la strada che lambisce i piccoli villaggi dispersi sull’isola.

L’isola di Karpathos si estende verso Nord, molto più stretta nella sua dimensione trasversale. Una strada che conduce alle principali spiagge e ai villaggi più importanti compie un anello attorno alla più estesa parte sud, ora seguendo il litorale, ora più protetta verso l’interno. All’incirca a metà della sua estensione, l’isola si restringe in una parte più sottile, come un dito puntato verso le coste della Turchia molto più a Nord, più remota e popolata solo da qualche piccolo villaggio che fino a un paio di decenni fa era collegato solo via mare. Oggi una impervia strada ritagliata nella roccia franosa di questa aspro territorio, raggiunge i villaggi a Nord, fino al porto di Diafani, l’ultimo centro abitato che si può raggiungere con un normale mezzo di trasporto. Qualche villaggio ancora più remoto resta isolato nella parte terminale dell’isola, di fronte all’isolotto di Saria, dove solo con un lungo trekking a piedi o con qualche mezzo fuoristrada si può arrivare via terra.

Il solo percorso in macchina verso i villaggi minori vale il viaggio tra le strade scoscese, la nuda roccia esposta al vento, rigogliosi boschi di pini che profumano di mare. Iniziamo il viaggio su strada dirigendoci a Sud da Pigadia, e raggiungendo il borgo di Menetes: da lontano si scorge un piccolo agglomerato di case che animano una grande altura, affiancato da una grande chiesa bianca che spicca sulla roccia scura. Lasciamo la macchina vicino alla chiesa, e dopo aver ammirato il panorama che si estende fino al mare dalla sua terrazza, ci addentriamo tra le casine colorate del borgo, dove qualche anziano gioca a carte e sbuccia i fichi seduto ai tavolini di un bar deserto.

Proseguendo verso la costa Ovest, si ammira il litorale roccioso su cui si infrangono possenti onde fino ad arrivare al tranquillo porto di Finiki. La strada scende verso il mare tra le taverne di pesce. Il molo pieno di graziose imbarcazioni e pescherecci si asciuga al sole, insieme a un piccolo gruppo di persone che fa il bagno nel minuscolo stralcio di sabbia di fronte al porto. Una bellissima chiesta bianca e azzurra sovrasta il gruppo di case e permette di ammirare il porto dall’alto.

L’ultimo villaggio prima che l’anello si chiuda e confluisca nell’unica strada che prosegue a nord é Mesochori. Scende ripido verso il mare, e la strada che vi arriva, facendo una piccola deviazione dal tracciato principale, ne offre una bellissima vista. Si può arrivare in auto fino all’inizio del paese, per poi procedere a piedi, scendendo le ripide scalinate che separano di pochi centimetri gli edifici, che attraversano i balconi e qualche tetto, senza soluzione di continuità, salendo e scendendo tra i terrazzi con il bucato stesso al sole, le porte aperte delle cucine da cui arriva profumo di pesce e pomodori al forno, tra le piccole chiesette che si confondono tra i ruderi di edifici abbandonati.

La strada si fa sempre più scenografica, altissima sulla scogliera, a picco sul mare per centinaia di metri. Qui i boschi si diradano e si prosegue sulla nuda roccia, mentre vaste distese boscose scendono solcate da strade sterrate alle lontane spiagge del Nord. Dopo ancora una curva in lontananza compare come una spolverata di zucchero al velo sulla roccia, l’incantevole villaggio di Olympos. Edifici chiari, bianchi e colorati, una chiesa dalle cupole rosse, e qualche antico mulino a vento che invecchia sulla sommità del promontorio. Un posto incredibile e fuori dal tempo. Si parcheggia all’ingresso del paese, e si procede a piedi salendo e scendendo gradini tra le case, per lo più abbandonate, del borgo deserto. I turisti e i locali si concentrano attorno alla chiesa che domina il paese, come pure i pochi negozi di prodotti locali e le taverne, i cui terrazzi sferzati dal vento si affacciano su una ripidissima scogliera sul mare variegato di tutte le tonalità dell’azzurro.

Inoltrandosi verso Ovest si raggiunge la zona dove i mulini a vento sono incastonati sulla montagna, ormai abbandonati e cadenti, ma che offrono un punto di vista privilegiato sul centro abitato. Quest ultimo si distribuisce sui due lati della sella montuosa e dirada man mano che la scogliera diventa più ripida. Il vento incessante si inoltra tra i vicoli inverditi dal basilico e tra le botteghe artigiane che vendono calzature in cuoio, il tutto in una pacifica e silenziosa atmosfera d’altri tempi.

Ci siamo inoltrati oltre Olympos, fino al minuscolo villaggio rurale di Avlona, dove qualche casa cinta dai muretti in pietra che separano gli appezzamenti di terreno, inaridisce al sole, tra le mandrie di pecore e i folti alberi di fico.

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