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Architettura ad Hong Kong: la modernità convive con la tradizione

Architettura ad Hong Kong: la modernità convive con la tradizione

Grattacieli in vetro, strutture avanguardistiche concepite da architetti contemporanei, densissime torri che si stagliano verso il cielo con un pattern concentrato di finestre, condizionatori e antenne paraboliche che scandiscono il ritmo degli appartamenti. 

Una selva in cemento e vetro attraversata da frenetici uomini in cravatta, taxi frettolosi, animata dai clacson e dai brulicanti mercati.  

Ma tra le facciate disordinate, i cavalcavia pedonali che attraversano tutta la città, le banche e i centri commerciali, le scale mobili che facilitano l’ascesa alla collina, esiste qualche frammento di tradizione che ha resistito all’urbanizzazione, al desiderio di modernità, alla frenesia dei ritmi di vita contemporanei.

Si attraversa la città con il naso rivolto all’insù, guardando quel groviglio urbano che si sviluppa verticalmente più che orizzontalmente, e cercando di distinguere tra le pareti in cemento colorate, le finestre che racchiudono il bucato steso ad asciugare, i cavi degli impianti che penzolano dalle facciate, le impalcature pericolanti in bambù.

Poi ad un certo punto, quel piccolo squarcio di cielo che emergeva tra i palazzi si fa molto più grande, gli edifici si diradano e lo sguardo torna naturalmente ad altezza d’uomo, dove sullo sfondo di torri altissime si incastona ora un piccolo tempio dalle tegole verdi, coronato da qualche dragone.

Il Man Mo Temple è un posto mistico e silenzioso, nel cuore della città. Si entra in un antro buio e fumoso, con una zona centrale circondata da lanterne e preghiere trascritte su un cartoncino rosso, le stesse che ciondolano dalle spirali di incenso che a decine bruciano appese al soffitto. I fedeli lasciano una preghiera e accendono una spirale, che lentamente arde inondando di fumo aromatico la sala in legno scuro. Una finestra in alto lascia entrare della luce che delinea le volute di fumo e accende la nebbia che avvolge i fedeli e i turisti.

 Un’oasi di preghiera tra i grattacieli del distretto centrale.

Ma per trovare  il contrasto più iconico tra architettura moderna e tradizionale è necessario prendere qualche metro, e spingersi fino alla periferia, oltre Kowloon, e visitare il Nan Lian Garden. Si emerge dalla metropolitana in un centro commerciale anonimo, circondato da strade a scorrimento veloce, che si intersecano con viadotti, gallerie e giganteschi edifici residenziali. Viene quasi il dubbio di aver sbagliato fermata, quando si intravede l’ingresso al giardino. Varcata la porta in legno e la recinzione, si riemerge in un’altra dimensione.

Colline ammantate di bonsai e fiori, un laghetto solcato da carpe rosse che circonda una pagoda dorata, edifici in stile imperiale in legno scuro che scricchiolano sotto i passi dei visitatori.

Il gioco di prospettive cambia la percezione di questo luogo ad ogni passo: ora si è immersi nel verde che brilla contro il cielo, ora la pagoda contrasta con un grattacielo in lontananza e si confonde con la trama delle finestre.

Il cuore del giardino è la Chi Lin Nunnery, un monastero buddista costruito negli anni ‘30 e mantenuto intatto: un complesso di edifici di culto e vasche popolate di ninfee racchiuso all’interno di un porticato che corre lungo il perimetro. Basta continuare ad osservare il monastero senza alzare lo sguardo, per sentirsi immersi nella pace, nella tranquillità, e in un’altra epoca. Ma basta poi alzare la testa per rimanere meravigliati.

Il contrasto da qui è ancora più evidente. Stagliandosi sopra un podio, il complesso è completamente circondato dalla moltitudine di grattacieli popolari residenziali che sorge nei distretti vicini e che tappezza l’orizzonte. Tegole in ceramica sullo sfondo di condizionatori d’aria, doccioni in foggia di foglie e draghi che si confondono col ritmo delle finestre dei grattacieli, i profili aguzzi, sagomati, sinuosi dei tetti del tempio, si scontrano con le linee rigide, dure, geometriche dei grattacieli in forma di parallelepipedi.

Il silenzio e il rumore, l’armonia e il disordine, sacro e profano, in una armonica e spettacolare convivenza.

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